Che cos’è il vuoto?
Per molti di noi è un’assenza, un punto di partenza, qualcosa che si può (e spesso si vuole) riempire.
Altri popoli e altre culture, invece, lo considerano un punto di arrivo, qualcosa a cui tendere, vuoto nella propria mente come al di fuori di essa.
Così è stato per me: nel concepire quest’opera, il raggiungere finalmente il vuoto, dopo averne provato paura, ha fatto nascere il momento creativo che ha dato il via alla composizione del quadro.
Ed è il vuoto il vero punto focale di questo lavoro: il vuoto creatore, il vuoto energetico, che genera un contatto profondo con noi stessi e quindi con l’universo, da cui scaturisce l’immensa danza cosmica, il vortice che porta con sé tutti i “personaggi” del quadro, metafora, come nelle mie altre opere della serie “Natura Viva”, di un mondo che non è quello che sembra.
Di quel vuoto, per cui, secondo la fisica moderna, bisogna pensare “come un equilibrio dinamico di particelle di materia e di antimateria in continua creazione ed annichilazione”, e del quale equilibrio, secondo Fritjof Capra, la danza di Śiva è la metafora: “Questo è anche il modo in cui i mistici orientali vedono il mondo materiale. Essi sottolineano tutti che l’universo deve essere afferrato nella sua dinamicità, mentre si muove, vibra e danza; che la natura non è in equilibrio statico ma dinamico”.
E non è forse stupefacente come in questa danza, che tutto muove, e tutto unisce e mette in contatto, dalla pittura, alla fisica quantistica, alla spiritualità orientale, il punto fondamentale sia proprio l’equilibrio? Equilibrio dinamico, vortice prodotto da Śiva, il Naṭarāja, Re della Danza, colui che crea, conserva e distrugge.
Il tubetto di colore nel quadro rappresenta l’artista: è preso anche lui in questo sacro vortice. Sul tubetto c’è il numero 5.
È forse un caso che 5 sia il numero di Śiva, colui che domina i 5 elementi, colui che padroneggia le 5 direzioni fondamentali dello spazio?